Educazione finanziaria, come l’Italia può scalare le classifiche

Che l’Italia sia cronicamente in coda alle classifiche che misurano il livello di educazione finanziaria tra la popolazione non è una novità. Secondo gli ultimi dati dell’International survey of adult financial literacy dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, risalenti al 2020, il Belpaese si posiziona infatti ultimo tra i partecipanti per punteggio di educazione finanziaria dei cittadini (11.1), contro una media del 12.7, che rileva il bagaglio minimo di conoscenze in materia capace di portare ad attitudini e comportamenti finanziariamente prudenti.
Che nel nostro paese la consapevolezza della popolazione in materia stia aumentando, tuttavia, è un concetto da ribadire. Per l’ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, pubblicato da Consob lo scorso anno, dal 2019 al 2021 vi è stata infatti una crescita del 3% a livello di nozione finanziarie base come ad esempio l’inflazione, il rapporto tra rischio e rendimento e l’interesse composto. Da rimarcare è inoltre il fatto che vi sono “alcuni aspetti che ci fanno ben sperare e che potrebbero divenire evidenti e consolidati nel lungo periodo”, come ha affermato Daniele Cammilli, Head of marketing di Pictet Asset Management, durante l’evento di presentazione dell’Osservatorio internazionale EduFin 2022: la finanza secondo le nuove generazioni, la seconda ricerca dedicata all’analisi dello stato dell’arte dell’alfabetizzazione finanziaria in Italia promossa dalla casa di gestione sotto la direzione di Nicola Ronchetti, Fondatore e Ceo di FINER Finance Explorer.
Due le principali novità di quest’anno: il superamento dei confini nazionali, con l’inclusione di paesi esteri come Francia, Regno Unito, Germania e Spagna, al fine di valutare le peculiarità dell’educazione finanziaria italiana; e il focus sulle nuove generazioni, la Gen Y (nati tra il 1981 e il 1996) e la Gen Z (nati dal 1997 al 2006), motore dell’economia del futuro e segmento più vulnerabile a livello economico. Ecco 5 interrogativi alla base dell’indagine, che rappresentano altrettanti modi in cui l’Italia potrà, negli anni, scalare le classifiche di alfabetizzazione finanziaria.
1. Perché? L’edufin al centro della formazione, a partire dalle scuole
Prima evidenza emersa dalla ricerca, che ha coinvolto un campione di 5 mila individui (di cui la metà investitori segmentati per tipologia ed entità del patrimonio finanziario, e l’altra metà non investitori), è stata il significativo aumento nell’interesse dei rispondenti nei confronti di temi attinenti alla finanza e agli investimenti (+8%), specialmente tra i non investitori e gli studenti delle scuole medie superiori. Nonostante i giovani e le donne siano maggiormente consapevoli di saperne di meno, essi dimostrano una più alta determinazione nel volere imparare: ecco perché coinvolgere bambini e ragazzi fin dalla giovane età grazie alla formazione scolastica potrebbe formare giovani adulti più in grado di sapersi orientare in tempi e condizioni economiche incerti.
2. Cosa? Ragionare sugli obiettivi di vita in primis
Secondo punto emerso dall’analisi è che quando si sensibilizza sull’importanza di temi economici e di investimento, il concentrarsi sulle applicazioni pratiche premia. Per gli italiani è infatti molto importante oggi, in un’ottica di apprendimento finanziario, la realizzazione dei progetti di vita, che rappresenta l’obiettivo principale per il 34% dei rispondenti e per il 41% dei non investitori e che a livello demografico registra percentuali più elevate tra le donne e i giovani.
3. Come? Offrire contenuti validi, interessanti e selezionati
Riguardo alle modalità di apprendimento, per il 30% degli intervistati si delinea una difficoltà nella ricerca di contenuti e referenti adeguati per colmare il gap tra volontà di sapere e distanza dal tema. L’educazione finanziaria non è infatti solo una questione di mancanza di tempo (rilevante solo per l’8% del campione), né di temi o troppo complessi o troppo banali (10%). Una percezione, quella della scarsità di contenuti e/o referenti adeguati, che è più elevata tra gli uomini e i giovani. Questo nonostante (o, forse, proprio a causa di) una crescita esponenziale nella quantità di contenuti disponibili, resa possibile anche grazie a Internet e ai social media.
4. Chi? Dalle istituzioni all’informal advice, il focus è la fiducia
Per risolvere le problematiche poste dal punto precedente è quindi fondamentale la fiducia: le informazioni disponibili sono infatti valutate maggiormente se provengono da realtà e/o persone cui i cittadini sentono di potersi affidare. Tra questi spicca il ruolo delle scuole e dei docenti (centrale per il 15% dei rispondenti, +6% rispetto allo scorso anno), ma anche delle istituzioni (soprattutto per quanto riguarda le donne e gli adulti, ma a livelli elevati per tutte le categorie, a prescindere da genere ed età). Comunità online e influencer meritano poi una menzione speciale, in quanto nuovi canali di “informal advice”, degni di fiducia soprattutto per i non risparmiatori e gli studenti sia over che under 18.
5. Quanto e dove? Informare sui social network premia
Ultimo punto riguarda invece i canali migliori per veicolare i concetti di educazione finanziaria e la frequenza con cui gli italiani dedicano spazio alla conoscenza della finanza. Protagonisti sono i social network: Facebook è il mezzo preferito di donne e Boomer, mentre i Millennials prediligono Instagram e la Gen Z si affida a Whatsapp e Telegram (manca il dato su Tik Tok, in ascesa soprattutto tra i giovanissimi, da monitorare nei prossimi anni). Riguardo alla frequenza, il 35% del campione ammette di dedicarsi ai temi dell’educazione finanziaria solamente in caso di eventi eccezionali e il 17% solo a seconda del tempo. Sebbene sia presente una correlazione tra chi si informa con regolarità e l’entità del patrimonio investito, sono gli studenti ad applicarsi ai temi in maniera più continuativa.
6. Bonus: cosa può imparare l’Italia dall’estero?
Se l’Italia è allineata con Francia e Germania in quanto a interesse per la finanza e l’educazione finanziaria, a guidare con il suo esempio è il Regno Unito, in cui il livello di conoscenza per tali temi è al primo posto tra i 5 paesi osservati. In UK il principale canale di informazione è rappresentato dai quotidiani cartacei, che intercettano una fetta maggiore di cittadini in quanto un terzo dei rispondenti afferma di riservarsi spazi su base regolare e periodica. Se anche per la Spagna il compito di educare spetta allo Stato e ai regolatori, questo in Francia e in Germania è invece responsabilità delle università e delle scuole, mentre in UK è del consulente finanziario. Chiude l’indagine un focus sugli investimenti sostenibili, materia in cui i cittadini italiani e spagnoli sono in ritardo di conoscenza rispetto ai colleghi inglesi, francesi e tedeschi.
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