Le strategie di trend-following: cosa sono e quali opportunità offrono
Non solo per il trading. Le strategie di trend-following, ovvero che seguono il trend (rialzista o ribassista che sia), possono essere impiegate per la costruzione del portafoglio di investimento in ottica di medio e lungo termine con risultati interessanti: ottengono performance pari a quelle delle azioni nel lungo periodo, ma con una volatilità più contenuta. Eppure non sono ancora così diffuse, o almeno non quanto l’investimento azionario. Basti pensare che i mercati azionari sono quasi 300 volte più grandi degli asset gestiti dal trend-following, secondo un’analisi di BarclayHedge. Come mai? Man Group prova a dare una risposta, rispolverando le caratteristiche e le potenzialità di queste strategie.
Rendimenti simili con volatilità più contenuta
Innanzitutto, è bene fare chiarezza su cosa si intenda per trend-following. Letteralmente significa “seguire il trend”, ovvero “seguire la tendenza del prezzo”. In parole semplici, si cavalcano le opportunità rialziste o ribassiste dei prezzi, approfittando del trend in atto o potenziale.
Dalla sua nascita nel 1986, l'indice Barclay BTOP50, che è un indicatore di trend-following, in quanto comprende prevalentemente questo tipo di strategie, ha registrato un rendimento annualizzato del 7%, solo lo 0,7% in meno rispetto al segmento azionario mondiale, rappresentato dall’indice MSCI World. Il rischio del trend-following è tuttavia decisamente inferiore, sia misurato in termini di volatilità (9,6% contro 14,4%) che di drawdown massimo (-16% contro -50%).
Dati che dimostrano come le strategie di trend-following presentano performance molto simili all’azionario mondiale, ma con rischi e volatilità più contenuti.
Minore correlazione per una maggiore diversificazione
Oltre alla performance, questa tipologia di strategie si rivela anche meno correlata agli altri mercati e quindi permette una migliore diversificazione del portafoglio di investimento. Ancora una volta, sono i dati a dimostrarlo. Sin dalla sua nascita, la correlazione del BTOP50 con il segmento azionario mondiale e gli altri mercati tradizionali è minima, effettivamente pari a zero. “Intuitivamente, ciò è dovuto al fatto che gli investitori che adottano strategie di trend-following cercano di cogliere le tendenze di tutti questi mercati contemporaneamente, sia al rialzo che al ribasso”, spiega Graham Robertson, Head of Client Portfolio Management di Man AHL. L’indice MSCI World mostra invece una maggiore correlazione nei confronti delle azioni statunitensi, ma anche verso un portafoglio bilanciato, il tradizionale 60/40. Ecco allora come le strategie di trend-following permettano una diversificazione più vera ed efficace.
Performance migliori in tempi di crisi
Oltre alla bassa correlazione, le strategie di trend-following hanno un altro asso nella manica: la correlazione negativa con gli asset di rischio in tempi di crisi. Conosciuto come “Alpha da crisi”, si riferisce alla performance positiva storica del trend following durante la persistente debolezza del mercato azionario. Qualche esempio? Durante lo scoppio della bolla del dot.com nel 2000, il BTOP50 ha evidenziato un rendimento del 37% contro un -46% dell’azionario mondiale, e durante la più recente crisi finanziaria del 2007 l’indicatore delle strategie di trend-following ha registrato un +17% contro un -49% del mercato azionario globale. Entrambi questi episodi sono durati anni. In periodi più brevi, come la pandemia di Covid-19, le performance sono invece meno divergenti, “per il fatto che le strategie di trend-following necessitano di tempo, in genere 3-6 mesi, per scoprire un nuovo trend e muoversi in quella direzione”.
E allora perché le strategie trend-following non sono così popolari?
Preso atto di queste potenzialità, la domanda nasce spontanea: perché le strategie di trend-following non sono così diffuse? La risposta è semplice: la performance di una strategia di trend-following è molto meno intuitiva rispetto a un investimento tradizionale, come le azioni e le obbligazioni. “Le strategie di trend-following operano su molti mercati e su più asset class, non solo sulle azioni”, precisa Robertson. Senza dimenticare che le posizioni possono essere sia di acquisto (Long) che di vendita (Short) e che il posizionamento è dinamico e può cambiare con l'emergere o il dissolversi di tendenze in aree e asset diversi. Tutto questo può non essere così intuitivo e semplice per un investitore.
Infine, anche la sensibilità al trend (o la velocità nel seguire il trend) è un altro aspetto da considerare. Nel medio termine, ad esempio, la sensibilità al trend è generalmente compresa tra due e sei mesi, secondo Man Group, ma non è così fissa. All'estremità più breve di questo spettro, un gestore può essere in grado di cambiare posizione rapidamente, essendo più reattivo in caso di crisi, mentre con una sensibilità al trend di sei mesi e oltre, il gestore può reagire più lentamente a un cambiamento di direzione del mercato. La chiave per capire e valutare quindi una strategia di trend-following sta anche nella conoscenza della sensibilità, oltre che del posizionamento.
“Continuiamo a rimanere sorpresi dal fatto che le strategie di trend following non siano più popolari”, conclude Robertson, ricordando che “negli ultimi quarant’anni circa, sostituire ad un portafoglio tradizionale fino al 50% di trend following preserva il rendimento, ma riduce sostanzialmente la volatilità e i drawdown”. Perché, come emerge da queste analisi, il trend following registra performance altrettanto buone rispetto ai titoli azionari nel lungo periodo, è scarsamente correlato, presenta migliori proprietà di gestione del rischio a lungo termine e generalmente funziona bene nei momenti di crisi dell’azionario.
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