Il pianeta di plastica: il mare, una discarica monouso

31.1.2022
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Entro il 2040 nei mari ci sarà più plastica che pesci. Un problema che smuove aziende e governi, con approcci diversi. Ne parliamo con LGIM
E' questo il risultato dell'ultima ricerca pubblicata a gennaio 2022 dall'Environmental investigation agency (Eia), che analizza l'evoluzione di una delle piaghe del secolo: l'inquinamento da plastica.
Viviamo oggi nell'epoca con il più alto livello di consumo di plastica in assoluto. Secondo i dati riportati dal PlasticEurope Market Research Group, tra il 1950 e il 2019 si è passati da una produzione di 1,5 milioni di tonnellate globali all'anno, a un livello pari a 368 milioni di tonnellate nel 2019. In altre parole, in un anno, oggi, si produce la quantità di plastica prodotta complessivamente tra il 1950 e il 1975.
“Il 2022 rappresenta un anno chiave per l'economia circolare, alla luce della prossima regolamentazione e tassazione su plastica e rifiuti” commenta Matthew Courtnell, Responsabile Investment Analyst - Active Strategies di Legal&General Investment Management (LGIM).
L'approccio che prevede un utilizzo più intelligente della plastica si sostanzia fondamentalmente in due modi: l'incentivo diretto nel fare meglio all'ambiente (prevedendo ad esempio quote di rimborso per l'utilizzo di bottiglie di plastica correttamente riciclate, come nel caso di Norvegia, Germania e Lettonia) o l'imposizione in termini di oneri (il Regno Unito rappresenta un primo caso, con l'introduzione nell'aprile 2022 di una misura che costringerà le aziende a soddisfare una percentuale minima di contenuto riciclato negli imballaggi di plastica o a pagare una tassa).
In ambito europeo, in cima all'elenco delle misure volte a contrastare l'incremento di produzione di plastica (che tra il 2018 e il 2019, secondo il report PlasticEurope, è passata da 61,8 milioni di tonnellate prodotte, a 57,9) c'è la stretta sugli imballaggi.
“Gli imballaggi in plastica rappresentano il 9-10% del costo per le aziende che vendono prodotti alimentari di consumo e di base; percentuale che raddoppia per i nomi delle bevande)” spiega Courtnell. “Man mano che la tassonomia si evolve, l'attenzione si sposterà dalla mitigazione dei cambiamenti climatici a nuovi obiettivi ambientali, tra cui il tema della biodiversità e della transizione verso un modello circolare. Questa misura porrà un'enfasi molto maggiore sulla produzione e l'approvvigionamento di prodotti e ingredienti, che dovrebbe promuovere un approccio più collaborativo tra aziende, enti governativi e Ong”.
Più complesso a quel punto trovare materiali riciclati per soddisfare le nuove linee guida. “C'è una reale necessità di ridimensionare la tecnologia delle infrastrutture per catturare e raccogliere i materiali di riciclo”; in alternativa, il prezzo del Pet (polietilene tereftalato) riciclato (rPet) potrebbe salire oltre il livello di economicità.
Conseguire obiettivi ambientali sulla riduzione dell'uso insostenibile della plastica è tra le condizioni chiave per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati dalle Nazioni Unite. “Molte aziende hanno fissato obiettivi ambiziosi per un miglioramento del 25-50% entro il 2025”, ma la strada è lunga e il termine potrebbe essere non rispettato.
Sul mercato, conclude tuttavia l'esperto di LGIM, ci sono già alcuni casi di successo. Non si tratta solo di aziende più piccole e settoriali (che si occupano principalmente di raccolta dei rifiuti, prodotti chimici o imballaggi sostenibili), ma anche di aziende di consumo come Coca-Cola e L'Oréal, che si sono impegnare a integrare verticalmente le strutture di fornitura e riciclaggio.
"Mentre continuiamo a sostenere un'economia più circolare, l'impegno nel ridurre la produzione di nuova plastica sarà uno dei primi obiettivi chiave del nostro modello di engagement nel 2022".